
E mi ritrovo così, di nuovo lunedì.
E sono qui a parlare ancora.
A raccontare qualcosa di me, a celebrare qualcuno, un dio dell’arte di quelli che pochi ce ne sono stati e pochi ce ne saranno.
Ma sono in ritardo.
Gennaio è incominciato così, intasato e a sighiozzi, caricando, con le energie pazze che ancora non mi fanno sentire la batteria completamente full.
Tra venerdì e domenica volevo parlarvi di questo dio, che l’8 gennaio avrebbe celebrato gli anni e che del quale il 10 abbiamo celebrato la morte. Ma non l’ho fatto perchè ho avuto un picco di buio.
A voi accadono i picchi di buio?
Per me succede così: creo penso faccio per molti giorni che tutti mi dicono ma chi sei wonderwoman, ma come fai, ma dormi ma riposati e io no, faccio, brigo, corro, incastro e poi ogni tanto BUM, buio. Ma quel buio che poi continuo a camminarci e a fare cose con la torcia ma invece no, buio mi mette anche tipo delle catene ai piedi e io ciao. Ferma. Fisicamente. Per almeno un giorno o due.
Questo non vuol dire che io non faccia nulla. Faccio meno. Faccio normale. Faccio nonabbastanzadiquellochevorrei.
E insomma, mi trovavo a fare questi disegni di questo dio e non mi venivano proprio come volevo. Volevo fare tutta un’altra cosa.
Mi sono riguardata un sacco di concerti, live, dei documentari assurdi e il discorso di suo figlio ai Brits2017.
Non era certo la prima volta che vedevo questi filmati ma avevo bisogno di essere ispirata nuovamente per questo post per riuscire a trasmettere quello che penso di David Bowie.
A parole è difficile. È già stato detto tutto.
Era una poesia vivente, arte allo stato più attivo e concreto.
Una persona che era arte stessa ma che non si è crogiolata nella sua enormità e fama ma ha lavorato tutta la vita per andare avanti, mettersi in gioco, decostruire quell’immagine così fortemente progettata per inserirne una nuova.
I suoi progetti erano a 360° dettagliati ma all’occhio e all’orecchio non mancavano mai di quel gusto spontaneo, di quella scintilla che accende sensi e cuore.
Un opera d’arte che sapeva ridere.
Quante immagini ho impresse nella mente di quel sorriso, tra il canzonatorio e il mefistofelico inserito su un viso angelico. Finto dannato, con una famiglia solida e un amore vero che non si è mai spento e che credo che non lo sia ancora.
Grazie David Bowie. Averti qui, ancora, per sempre, con la tua arte è un privilegio.
